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Peressoni lo sconfitto

A cura di Fernanda Pessolano, Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza

«Questo era il mio limite maggiore: non riuscivo a digerire, ad assimilare, e l’ansia mi bloccava» (p. 31).

Le ha perse in tutti i modi: in volate di gruppo e di gruppetto, in volate a tre o a due dopo una fuga, staccandosi sull’ultimo strappo o all’ultima curva, cedendo sull’ultima salita o già al rifornimento, arrivando al traguardo con una gomma floscia o incocciando ogni volta in una bestia nera diversa. Come se tutti lo aspettassero per dare il loro meglio, per correre la corsa della vita.

Andrea Peressoni racconta Le corse che ho perso (Editrice Leonardo, 144 pagine, 12 euro), e questo punto di vista, originale, accompagna il lettore a stare subito dalla sua parte. Come si fa a non sostenere un ragazzo – siamo negli anni Settanta – che una volta partì con le ciabatte invece degli scarpini e che un’altra volta (ma solo dopo l’arrivo) scoprì che l’ultimo avrebbe ricevuto il premio più alto dopo quello del vincitore?

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