Se c’è una cosa che rende il ciclismo un sport popolare e metafora della vita è che il campione fa tanta fatica quanto la schiappa, che lo sforzo dell’ultimo non è da meno a quello del primo al traguardo.
In fondo è un po’ il pensiero che guida Namasté. Ne siamo convinti quando sosteniamo che la fragilità è costitutiva dell’essere umano. Di tutti, non solo di coloro con una fragilità conclamata, ben visibile e troppo spesso etichettabile. Per questo motivo abbiamo fatto dell’essere a servizio della fragilità per trasformarla in risorsa la nostra mission.
SenzaGiro si è concluso e la Cooperativa Sociale Namastéè stata la beneficiaria della raccolta fondi collegata all’iniziativa e delle donazioni ricevute dagli sponsor come Santini Cycling Wear.
Ma com’è stato il SenzaGiro di Namasté? Proviamo a raccontarvelo utilizzando proprio la metafora della bicicletta. Non siamo scrittori, giornalisti, tantomeno campioni del ciclismo, tuttavia andiamo a ruota dei racconti che abbiamo letto (o ascoltato in podcast) fino ad oggi.
Questi mesi di emergenza sanitaria ci hanno messo a dura prova. I motivi li sapete e potete immaginarli, soprattutto per una onlus come la nostra che si occupa di persone con fragilità nella Bergamasca, al centro degli avvenimenti legati al Covid-19. Non vogliamo lamentarci, puntare il dito su ciò che proprio non ha funzionato o strapparvi delle facili lacrime con le storie più tristi. Vi raccontiamo il nostro SenzaGiro, con tutti i ruoli (o quasi) di un avvenimento come il Giro d’Italia che non c’è.
I DISCESISTI
Cominciamo da loro, da chi più di tutti ha rischiato la propria pelle: gli infermieri e il personale dell’Assistenza Domiciliare Integrata. Sono stati coloro che, per primi, hanno attaccato con tutte le loro forze il Coronavirus. Turni raddoppiati, triplicati, quintuplicati per far fronte alle richieste esponenziali dei malati. E per quanto puoi avere tutti i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) del caso – che non è il caschetto del ciclista ma mascherine, camici idrorepellenti, guanti e tutto il resto – il rischio rimane alto. Come un discesista in picchiata, i nostri infermieri hanno dovuto prendere decisioni immediate e corrette. Non c’era tempo per modificare la traiettoria. Un errore, un’attesa di troppo, avrebbe potuto compromettere la salute del paziente. Non chiamateli eroi: sono discesisti, sanno cosa fanno e hanno coraggio nell’intraprendere la discesa.
I GREGARI
I servizi residenziali di Namasté non sono nient’altro che case, appartamenti protetti e comunità per persone con disabilità o per anziani parzialmente autosufficienti. Anche nelle nostre case, pur avendo preso da subito le precauzioni per evitarlo, il virus si è infilato. Conciliare un buon clima familiare e le norme anti-contagio con persone con fragilità non è facile. Eppure educatori, Asa, Oss, cuoche… sono riusciti in questo delicato equilibrio. Si sono presi il vento in faccia dal primo chilometro – notti insonni, giorni festivi uguali ai feriali, lunghissime ore in ospedale accanto a chi aveva bisogno di cure urgenti. Tutto con cura ed un sorriso anche quando le lacrime, per le persone che non ce l’hanno fatta, hanno preso il sopravvento. Perché è lì che bisognava stare.
LA PANCIA DEL GRUPPO
In una cooperativa sociale come la nostra non c’è un capitano da tenere protetto nella pancia del gruppo per permettergli di risparmiare energie e sprintare in volata o scattare in salita. Nella pancia del gruppo, il più possibile al sicuro dalle folate di vento, ci sono state le persone con fragilità. Era fondamentale stare coperti, avere dei buoni compagni di squadra accanto che proteggessero dalla pandemia. Purtroppo, seppur con degli attenti gregari, anche nella pancia del gruppo ci sono state delle cadute, delle perdite che ci hanno fatto sbandare. Ma non potevamo fermarci. Bisognava uscire compatti dall’emergenza. E spesso quella forza di rialzarsi l’hanno trasmessa proprio chi in teoria era più fragile e da proteggere, invertendo i ruoli. Come in bici.
IL RIFORNIMENTO
E poi c’è chi è rimasto a casa. Insegnanti, educatori dell’assistenza scolare, tutti coloro legati al mondo della scuola e dei centri diurni per anziani o disabili, così come chi ha un compito più impiegatizio. Circa la metà dei nostri colleghi è in cassa integrazione. Eppure, di stare a casa a fare niente proprio non gli andava. E allora c’è da cercare i DPI e andarli a recuperare, proprio come le borracce? Pronti! C’è da recuperare tutti gli automezzi della cooperativa e farli sanificare? A disposizione! Bisogna distribuire la spesa nelle comunità? Eccoci! E qualche insegnante con la passione per il cucito, nelle settimane peggiori dell’emergenza, si è armata di santa pazienza e ha confezionato home-made le introvabili mascherine.
L’AMMIRAGLIA
Senza ammiraglia, oggi la squadra non pedala. Può sembrare facile stare seduti al volante di un’auto, mentre tutti pedalano. Ma mica sei in vacanza con lo sguardo perso nel panorama. In ammiraglia si suda quanto in sella. Perennemente al telefono per coordinare i colleghi in strada, si ascoltano le richieste di chi cerca un aiuto e talvolta non si riesce a rispondere e si seguono soluzioni da altre parti, fuori dalla propria squadra. Si cercano i fondi per pagare quel numero spropositato di mascherine che continuano a servire. Si provano soluzioni nuove, si montano strumenti tecnologici per restare vicini alle persone e alle famiglie. Strumenti che fino a qualche settimana prima non si pensava mai di utilizzare perché la relazione personale era (e tornerà) il mantra di tutti.
I TIFOSI
Non c’è SenzaGiro senza tifosi a bordo strada o sui giornali a commentare la tappa. Ecco, per chi opera nel non-profit, il tifoso è quasi visto con sospetto. Si ha sempre paura di spettacolarizzare la fragilità. Ma senza tifoso, non c’è gara. Senza l’affetto, l’incoraggiamento, il supporto, la spinta in salita che abbiamo ricevuto, staremmo scrivendo un’altra storia. Ci siamo accorti come la nostra fragilità – la ricerca spasmodica di DPI delle prime ore, il non poter attuare le stesse modalità di cura – si è trasformata in risorsa. Di quanti ci hanno espresso vicinanza, di quanti ci hanno dato una mano concreta. Famiglie di persone di cui ci prendiamo cura, gli stessi colleghi e i loro familiari, amici, associazioni e imprese del territorio, partner commerciali e perfino… i ciclisti e gli amanti del ciclismo!
A voi va il nostro più grande grazie. Vi aspettiamo per una tappa da noi, in carne e ossa, e non più virtuale. Quando sarà possibile. Per non raccontare più Il Giro d’Italia che non c’è, ma il SenzaGiro che c’è.
Un grazie speciale a Lele Pedruzzi di Bikefellasper averci messo in contatto, a Gino Cervi, a Filippo Cauz per la pazienza di conoscere il non-profit e a tutti i SenzaGiro per quanto fatto, a Paola Santini e tutto Santini Cycling Wearing per aver condiviso un pezzo di strada insieme e cucito le mascherine.
Sul sito www.coopnamaste.it tutte le informazioni sulle nostre attività.
RAFFAELE AVAGLIANO
Responsabile Comunicazione & fund raising
Coordinatore Dispensa Sociale
Namasté società cooperativa sociale